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il sepolcro del figlio del figlio di dio

 

di Giuseppe Felici rossointoccabile

 

La saggezza non sta nel distruggere gli idoli, sta nel non crearne mai Umberto Eco

 

Questa storia si svolge dopo Namor numero 7

 

Foresta di Achernon.

Achernon è un pianetino tranquillo. La sua popolazione, come succede a molti mondi che hanno raggiunto un livello pre-industriale, non raggiunge i cento milioni di abitanti.

Questo lascia, soprattutto all'interno delle foreste più inesplorate, un sacco di spazio disponibile.

È questa una delle ragioni per cui questo mondo è stato scelto come base (non l'unica e forse neppure la più importante) per un traffico di schiavi che, seppur sostanzialmente legale o per lo meno tollerato in buona parte della galassia, mantiene ancora quel tanto di illegalità da aver bisogno, per alcuni dei suoi lavori più sporchi, di basi segrete.

Ma, per quanto isolato sia un luogo e per quanto sparuta una popolazione, ci sarà sempre un piccolo e incauto cacciatore che si imbatterà nella vostra base.

È proprio per questo motivo che complessi sistemi di sicurezza vengono fabbricati, pubblicizzati e venduti.

Ma gli achernoniani presentano una specifica mutazione, rara, ma neppure tanto.

Alcuni di loro possono rendersi intangibili a piacimento.

È grazie a questa rara capacità che il piccolo guerriero si aggira, furtivo, per l'istallazione, in barba ai complessi (e costosi) sistemi di sicurezza.

 

K'Un Lun[i]

I quattro avventurieri si avviano verso la città. Sanno che l'ingresso, soprattutto nei periodi in cui la città non è allineata con la Terra, non è permesso a tutti e questo li rende estremamente guardinghi.

Quindi quando vedono avvicinarsi un gruppo di guardie, con dei lunghi bastoni di bambù, che li circondano, si preparano a combattere, anche se dopo aver tentato di parlamentare.

Rimangono quindi molto sorpresi dal comportamento degli immortali di K'Un Lun.

Il capo parla, genericamente, al gruppo - Eravate attesi. Vi porto dove potrete rinfrescarvi rapidamente. Il pasto sarà in tavola fra meno di un'ora. -

I quattro si guardano come se fosse loro sfuggita parte di una conversazione, come se dovessero possedere informazioni che non hanno. E si affrettano a seguire la scorta (o i sorvegliati, malgrado i modi insoliti, o proprio grazie ad essi, il dubbio permane).

 

Satellite Samaryon.

Il turno dei sorveglianza sul satellite non è mai un compito ambito. Ci si sente vulnerabili (anche se la propria fisiologia è quella di un eterno potenziato e ci si è scontrati più volte con Thanos) a volare in orbita in un cassone di metallo disarmato.

Un lavoro noioso e frustrante, eliminare qualche principio di uragano, disperdere parte del grande banco di immondizia che si ammassa al centro del mare, così da raccoglierlo con reti colossali. Quasi niente, quel poco che si può fare con un solo satellite meteorologico senza compromettere l'equilibrio climatico.

Drax vorrebbe vivere in un mondo in cui si possono disperdere gli uragani con un soffio, tappare i vulcani con un masso, fermare uno tsunami con un raggio dagli occhi.

Pensieri oziosi che vengono immediatamente interrotti da un sobbalzo del sismografo skrull montato sulla stazione.

Drax richiama i dati sullo schermo, così da stabilire se al movimento tellurico possa seguire un'onda di marea.

Le letture sono anomale, il colpo è stato violento e concentrato, non un terremoto. Vista la posizione è improbabile che i sismografi terrestri possano averlo registrato.

Né si è trattato di un'eruzione.

Vale la pena di indagare, soprattutto visti gli strani eventi connessi alle città sottomarine degli ultimi tempi.[ii]

Le città sottomarine sono un problema che prima o poi bisognerà risolvere, essendo connesse a creature ultra-dimensionali.

Ma è un problema per domani, per adesso il problema è uno strano movimento sul fondo dell'oceano, in una posizione di cui non c'è Atlantide, non c'è Lemuria, non la Lemuria deviante né R'lyeh.

Il messaggio parte in fretta.

 

Un pianeta che definire secondario è eufemistico

Lavorano nel ristorante cinquanta schiavi, nelle più svariate mansioni.

Il lavoro è abbastanza leggero. Non si viene maltrattati, non molto più che in un altro posto di lavoro, per lo meno. La paga è buona (certo, non puoi uscire per spenderla, ma è buona) e in una quarantina di anni di lavoro puoi sperare di guadagnarti la libertà.

Le controindicazioni: sei uno schiavo e checché se ne dica, non è piacevole[iii]. Inoltre il sorvegliante è un gran bastardo, di quei piccoli uomini che non possono fare a meno di far pesare sugli altri quella piccola parte di potere che, in un momento di distrazione, gli è stato elargito.

In qualsiasi campo di concentramento, prigione, in qualsiasi istituzione, sia essa totale o meno, che sia organizzata in forma gerarchica, al penultimo gradino c'è un posto riservato a questi individui.

Analizziamo il nostro caso.

La colpa della sua spregevolezza non si può certo attribuire al padrone (si sa, il re è buono) che ha accuratamente scelto, tra altri cinquanta ugualmente alle sue dipendenze, questo individuo per svolgere questo compito.

A chiunque si voglia attribuire la responsabilità, chiameremo, ai soli fini narrativi, questo tizio “l'aguzzino”.

L'aguzzino prese Romogok sott'occhio dal primo giorno (l'aguzzino ti prende sempre sott'occhio e sempre fin dal primo giorno).

Non perdeva occasione di passare sul suo posto di lavoro per riscontrare inesattezze, imprecisioni. Per raccomandare di rigare dritto perché bastava una sola parola per farlo tornare al mercato ecc ecc.

Tutti i santi giorni, malgrado la puzza di immondizia, trovava il modo di passare.

Ora, non facciamola più grossa di quel che è, l'aguzzino ha altri 49 disgraziati da tormentare, inoltre Romogok è in questo posto da circa una settimana e non intende restarci più del necessario.

Ciò non toglie che sarebbe una grossa scocciatura, se solo la situazione fosse diversa.

- Credimi, ragazzo, ti conviene stare attento, io lo so come ci si sente i primi giorni, ma tu, un posto migliore di questo, non lo troverai. Quindi tientelo stretto e comportati bene. Non piantare grane e io metterò una buona parola per te. Mica devi restare tutto il tempo a smaltire i rifiuti, prima o poi passerai in cucina, magari all'inizio solo come lavapiatti ma poi...-

 

K'Un Lun

L'appartamento è grande, non sfarzoso, lo sfarzo non è di casa a K'un Lun ma il lusso è evidente, è un'ala del palazzo di Yu Ti, del resto.

Il tempo corre e prima ancora che si siano rilassati e cambiati qualcuno bussa alla porta, la stessa squadra, altrettanto gentile e ferma.

Il percorso fino all'enorme sala da pranzo è breve.

Attorno ai tavoli non c'è l'intera popolazione della città, sarebbe impossibile probabilmente, ma almeno tutta l'élite. Non c'è gioia sui loro volti e la ragione di un simile incontro è opaca.

Manca anche quell'atmosfera un po' alticcia che a un certo punto pervade anche gli impegni formali.

I Figli della Tigre si siedono nei posti che gli vengono indicati, vicini, ma non eccessivamente, alle due sedie libere al centro del tavolo principale.

Entrano il loro ospite, Yu Ti, il monarca assoluto di questa città, chiunque si nasconda oggi sotto la maschera e Lei-kung, filosofo e combattente, colui che ha insegnato le arti marziali a chiunque in questa città e a molti al di fuori.

Si siedono e iniziano ad arrivare le portate. Nessuno parla, l'atmosfera è tesa, ma non traspare il motivo. Tutti percepiscono l'insolita situazione, ma chiaramente, solo pochi, pochissimi ne conoscono le ragioni.

I nostri si guardano intorno, tutto sembra normale, tranne che per una guardia che, attraverso il monocolo di Ganesh, appare leggermente sfocata.

Mentre il pasto prosegue, una portata dopo l'altra, spossante come solo i pranzi ufficiali riescono ad essere, l'intera sala viene inondata da un cono di luce dal soffitto.

Una sorta di energia spirituale, probabilmente prodotta dai maghi di Yu-Ti.

La sensazione di benessere che si spande in tutta la sala ha un che di sovrannaturale.

Benessere che non viene condiviso dalla guardia che stavano osservando, che si contorce e crolla a terra. Viene preso da un potente attacco epilettico, ma coloro che si sono precipitati a soccorrerlo balzano prontamente indietro quando si accorgono che sta sbavando una sorta di sostanza nerastra, simile al fumo o ad un'ombra, ma più corporea, quasi fosse materiale.

 

Un posto in mezzo all'oceano, mai troppo distante da Atlantide.

Warlock, Gamora, Darkoth, Dragoluna e Modred volano sul pelo dell'acqua, si portano sul punto e ingoiano una pillola (Darkoth no, come potrete immaginare), una versione mutuata dalla tecnologia kree, molto simile a una cosa inventata in proprio da Reed Richards anni fa. Più o meno per lo stesso uso.

Poi si tuffano in acqua e si inabissano verso uno dei punti più profondi dell'oceano.

Non sono arrivati neppure a metà del percorso che vengono intercettati.

- Siete entrati senza autorizzazione nel territorio di Atlantide. Spero che abbiate una buona ragione e siate in grado di convincermi di averla, oppure andatevene subito e, per questa volta, fingeremo di non esserci visti. -

*Abbiamo registrato un assestamento anomalo sul fondo dell'oceano, non troppo differente da quello che si era verificato prima dell'affare R'lyeh. Visti i risultati abbiamo valutato urgente un nostro intervento.

Che da Atlantide sia venuta ad indagare soltanto la regina, senza forze di supporto, avvalora la nostra tesi.

Sei probabilmente una dei 20 mortali più potenti sul pianeta, regina Namora, ma non sei in grado di fermarci. Puoi unirti a noi nell'esplorazione. Questo si. La tua presenza e conoscenza saranno apprezzate.*

- Se puoi respirare sott'acqua puoi anche parlare, Adam Warlock ed io apprezzerei molto che stessi fuori dalla mia mente, visto che altre forme di delicatezza non mi sembra ti appartengano. E non posso lasciarvi continuare, Atlantide non tollera interferenze nel suo territorio. -

- Mi scuso, non volevo stuzzicare una ferita fresca, ma mi accade di sopravvalutare i cosiddetti superuomini. Magari si tratta di un pregiudizio istillatomi nell'Alveare.

Mi scuso, appunto, ma non sono qui per perdere tempo, vieni con noi o prova a fermarci. Ci chiamiamo la Guardia dell'Infinito, non le allegre comari di Windsor. I nomi sono un peso.-

Parte a super-velocità, seguito dal suo gruppo, Namora non può che seguirli.

 

La stella d'oro

Quanto è vasta la Via Lattea? A volte sembrerebbe molto poco. Di certo pochi sono i mondi in cui non è praticata la schiavitù, più o meno legalmente, più o meno diffusamente.

Tra le più conosciute culture dello spazio abbiamo la certezza solo per Titani e Colonizzatori.

Di molti possiamo supporlo, di alcuni sappiamo per certo che fanno gli schiavi. Di altri, ad esempio gli Zen-Whoberis, vorremmo ben sperare che non la pratichino.

Comunque sia, un'attività economica così redditizia e praticata ha bisogno di molte piazze.

In una di esse, su un pianeta neppure tanto marginale, in un quartiere tutt'altro che degradato si aggira un deneboliano, esile e maestoso come solo gli appartenenti alle culture più decadenti riescono ad essere.

Solo, esile ed apparentemente indifeso, sembra una preda perfetta per qualsiasi malintenzionato.

Ma individui di tal fatta conoscono bene, almeno i più esperti, una regola d'oro.

- Se una specie è tanto pazza da autosterminarsi, è tanto pazza per far del male anche a te. -

E quindi, tutti coloro che conoscevano, anche solo per sentito dire, la storia di Deneb, non si sarebbero mai sognati di aggredire e derubare uno dei pochi appartenenti a quella specie.

È pur vero che esperienza e conoscenza, se hai così poco da esser costretto a rubacchiare per le strade, devi fartele sul campo.

Quindi, quando K'till di Deneb, smilzo e riccamente vestito, taglia per un vicolo, allo scopo di raggiungere, secondo le istruzioni che gli sono state fornite, la sua destinazione, si trova accerchiato da quattro tizi malmessi.

Sono stracciati, più scarni di lui, chiaramente affamati, armati di tre coltelli in quattro e i loro sguardi sono più disperati che minacciosi.

Insomma, pericolosi come dei veri professionisti non potrebbero mai essere.

Quello di fronte a K’till, chiaramente il capo, anche se persino lui sembra non esserne consapevole, fa un passo avanti brandendo il coltello. Un coltello da cucina troppe volte affilato.

- N-n-non fare scherzi, dacci tutti i tuoi soldi e n-n-non ti faremo del male. -

- Farmi del male? - il tono di K'till è quasi ironico, anche se cerca di mantenersi più neutro possibile – Dubito che ci riuscireste. Ma vi darò del denaro e, se vorrete, anche un lavoro...-

- Zitto! - Da dietro arriva una coltellata, un suono di metallo e il friggere di qualcosa di elettrico. Un urlo.

- Come vi stavo dicendo, sono protetto da un campo di forza, abbastanza resistente da impedirvi di danneggiarmi, qualunque cosa possiate usare contro di me. Ciò non toglie che la mia offerta resta valida. - Mette una mano in tasca, tirandone fuori un sacchetto. - Qui ci sono mille crediti e un indirizzo. Sto cercando degli schiavi centurii. Questo denaro è per mettere in giro la voce. Offro mille crediti di ricompensa a chiunque me ne segnali uno, ovviamente che non gli appartenga. Inoltre, se siete interessati ad un'occupazione più stabile di questa, potete venire domani sera a quell'indirizzo. -

Poi si avvia su per il vicolo, lasciando gli improvvisati rapinatori con un palmo di naso. Il mercato, quello vero, lo attende.

 

Sempre lo stesso pianetino di prima.

Romogok sta discutendo col suo compagno di tavolo, durante i pasti del personale, quando il ristorante è chiuso, non c'è una disciplina ferrea. Non ce n'è il bisogno, sarebbe, anzi, controproducente rendere nervosi e paranoici degli individui che lavorano a contatto col pubblico, un pubblico d'alto bordo, in un mondo su cui non è di moda vantarsi delle sevizie al personale.

Romogok sta facendo le solite domande, riguardo alla vita dello schiavo che ha davanti, ad altri centurii passati di li, cose del genere.

Come molti degli altri, l'individuo che ha davanti non sembra molto interessato a parlare di se, del suo passato.

Umanoide, con la pelle blu, può venire da uno qualsiasi fra decine di pianeti, forse anche da fuori dalla galassia (non c'è confine al traffico di schiavi).

Sembra invece molto interessato a parlare di come e perché si sono avvicendati vari schiavi, in quel posto. Del fatto che se riesci a concludere il tuo periodo di lavoro senza essere venduto, sarai liberato. Lui è li da pochi anni, ma ha già visto molta gente andarsene. Centurii no, ma da qual che sa, di schiavi centurii ce ne sono solo da pochi anni, dalla prima incursione della Bird of prey. Almeno, questo è ciò che si dice in giro. Fa domande in proposito, molte, vuol sapere.

Romogok non si fa pregare, fornisce un racconto dettagliato, fino ad un certo punto, delle sue traversie, prima sulla nave e poi attraverso i vari mercati di schiavi. Quello che non può dire lo inventa. Un tempo, in un'altra vita, era bravo con le parole.

Ma è tutto inutile, notizie dei suoi simili nulla.

Entra il padrone, col suo sgherro.

Lo sgherro di turno è l'aguzzino.

L'aguzzino quest'oggi è particolarmente rompicazzo.

Richiama qualcuno in fondo alla tavolata perché l'uniforme non è a posto (l'uniforme sarebbe il camice da cucina, i cuochi non lasciano mai la cucina, se non per mangiare e andare nelle camerate).

Va dal padrone a leccare, si pavoneggia, lo intrattiene con aneddotica varia sulla pelandroneria del personale. Poi si alza nuovamente, si dirige verso qualcuno che ha alzato la voce e lo redarguisce con computa severità.

Striscia poi di nuovo dal padrone, aspira ad un bell'osso del suo pasto, come ogni fedele cagnolino.

Il padrone oscilla, in maniera evidente, fra un certo fastidio e il compiacimento per la fedeltà del suo sottoposto.

L'aguzzino scorge Romogok, si avvia a larghi passi verso di lui.

- Su, su, sbrigarsi, sbrigarsi. Fra poco inizia il tuo turno e stai ancora qui a chiacchierare? Finisci di mangiare e muoviti. Non farai mai carriera, se batti la fiacca a questo modo. -

Romogok si alza, un silenzio di tomba si sparge, immediatamente, nel refettorio.

- Se per far carriera devo fare come te e coprire di angherie i miei compagni di prigionia, nella vana speranza di attirarmi la benevolenza di chi mi sta sopra e mi domina, preferisco aver a che fare con la mia spazzatura, leccapiedi. -

Il padrone scoppia in una risata, seguito dall'intero refettorio.

L'aguzzino diventa cianotico, poi sibila – Questa me la paghi, ci volesse tutta la mia vita, me la paghi. -

Romogok, impassibile, raccoglie i resti del suo pasto, ormai concluso e si avvia verso il deposito dei vassoi.

Vuota i resti nello scarico della spazzatura, Appoggia i piatti e le posate su pile ordinate ed esce, diretto verso le sue mansioni.

La sua faccia è scura, preoccupata. *Anche questa è fatta, speriamo bene*

 

Ergonar

La rivolta era stata un mezzo fallimento.

Peggio che un mezzo fallimento.

Le armi erano del tutto insufficienti e la superiorità numerica aveva giocato un ruolo parziale.

Risultato, morte una ventina di guardie e più di cento prigionieri.

Gli altri ora sarebbero stati sottoposti a chissà quali angherie.

I quattro fuggiaschi sarebbero stati, per tutta la vita, segnati da questa responsabilità.

Non mangiano da due giorni e se ne stanno acquattati fuori dallo spazioporto, studiando gli orari del cambio della guardia.

Hanno visto qualche piccolo animale bruciato dal campo di forza a protezione della struttura. Saltare la recinzione è improponibile.

Ma i controlli, all'ingresso, sono superficiali, le perquisizioni sporadiche.

Si inoltrano nel bosco. Fino a qualche chilometro dalla base.

Poi raggiungono la strada e si appostano.

Passano le ore a guardare il succedersi dei trasporti sulla strada.

Il traffico è costante, ma la maggior parte dei mezzi ha un solo autista, oppure è pesantemente scortato.

Finalmente arriva un mezzo piccolo, con due persone all'interno.

Qualche centinaio di metri più avanti c'è qualcuno steso sulla strada, un trucco vecchio, difficile cascarci.

L'autista resta nell'abitacolo, pronto a chiamare aiuto.

L'accompagnatore scende, circospetto, il fucile spianato.

Si avvicina, lentamente, al corpo steso in terra. Lo smuove con la canna del fucile. Il corpo non si muove, ma mugola, leggermente.

Il soldato arretra, sempre con l'arma spianata, guardandosi prudentemente intorno.

Apre lo sportello.

- Chiama lo spazioporto, che mandino una pattuglia, credo sia uno dei prigionieri fuggiti dal campo a nord. -

Fa, mentre risale.

- Si, lo credo anche io. -

Si volta, verso la voce sconosciuta, solo per trovarsi una pistola spianata in faccia.

Un colpo alla nuca poi nulla.

 

K'Un Lun

La guardia viene immobilizzata in una gabbia di luce e l'irradiazione viene interrotta. L'oscurità rientra velocemente nel corpo.

Yu-Ti parla, con voce forte, come chi è avvezzo a comandare e non ha bisogno di amplificatori o microfoni.

- Bene. Questo è più o meno ciò che ci aspettavamo. Meno a dir la verità. La situazione sembra meno grave di quanto ci aspettassimo se in tutta questa sala un solo uomo è stato colpito. Ma più grave se i sintomi sono dovuti a ciò che mi aspetto. Dovremo indagare e farlo in fretta. Prima però... - si volta verso i Figli della Tigre - ... visto che tutto è partito dalle misure di sicurezza che abbiamo incrementato dopo il furto dei medaglioni della Tigre, credo che voi abbiate qualcosa da raccontarci -

 

La stella d'oro

- Signori, il mio discorso sarà breve. Voi siete, io lo spero, fra i migliori commercianti che questo mondo può offrire. Di un commercio particolare, che qui non nomineremo. Ora, io sto cercando, poiché ne ho riscontrato l'utilità, manodopera proveniente da Proxima Centauri Sei, comunemente detti centurii. Io conto che data la vostra attività voi siate in grado di procurarmene quanta più possibile. Il nostro mondo, per quanto potente, è spopolato, quindi, se vogliamo ridurre il consumo energetico, e gli dei sanno quanto ciò è necessario, abbiamo bisogno di sostituire gran parte delle funzioni meccanizzate. L'alternativa sarebbe vivere nella costante paura di un attacco, cosa che non possiamo accettare. Di più non dirò. -

Un mormorio si sparge nella sfarzosa sala della villa che K'till ha affittato e in cui si svolge questa riunione.

Lui non dubita che la quasi totalità dell'uditorio non sia composto dai mercanti di schiavi che ha invitato alla riunione. Da assistenti, sosia o anche, in qualche caso, millantatori, piuttosto. Ma non importa, il seme è piantato, in più di un senso.

La voce si spargerà presto. I centurii vengono acquistati ad un prezzo leggermente maggiore rispetto a quello di mercato. Essendo molti e sostanzialmente privi di caratteristiche particolari, molti dovrebbero subodorare l'affare. Il piano farà il resto.

 

Sempre il pianetino insignificante, vi accadrà mai più un evento degno di nota?

Venduto. Senza tante esitazioni e sottocosto.

L'aguzzino ci ha tenuto a sottolineare il potere che metteva in campo.

- Ho pronta per te una raccomandazione di sofferenza. Io non posso frustarti, il padrone non lo vuole. Ma ti venderò con referenze tali che finirai in posti peggiori dell'inferno. Non c'è destino peggiore che quello di uno schiavo ribelle. E mi farò mandare le foto, mio caro. E le appenderò in camera. Seguirò con estremo piacere la tua intera agonia. -

Se ne era andato sghignazzando.

Romogok l'aveva sentito sghignazzare, di tanto in tanto, fuori della cella, nei giorni successivi.

Non era tornato a rinnovare le minacce. Forse non aveva altro da dire. Forse cercava la battuta fulminante che non riusciva a trovare.

Lui non diede segno di averlo sentito.

Seppellito dal silenzio più assoluto.

A volte basta poco per far tacere i propri nemici.

Venne anche il padrone. Ora indossava la sua vera faccia. Venne a sfoggiare tutta intera la sua debolezza.

- Ti avevo avvertito, mi ero raccomandato di comportarti bene. Capiscimi, non posso tenere uno schiavo che si è pubblicamente ribellato. Sarebbe deleterio per il morale. Ma mi raccomanderò perché tu venga trattato bene. Capiscimi. -

A volte, basta poco per allargare una ferita. Qualche parola, una piccola richiesta, impossibile da soddisfare, che colpisca la debolezza di un individuo.

- Smetta di usare gli schiavi. Con quello che li paga può permettersi della manodopera libera. Se ne freghi delle consuetudini e combatta lo schiavismo. -

- Non vuoi capire. .- Se ne andò piagnucolando.

Il mercante era molto pragmatico.

- Mi hanno parlato molto male di te. Ma quell'idiota del capo del personale che hai colpito è un aguzzino. Quindi hai due scelte. Stai tranquillo fino a che ti ho venduto e io ti lascerò in pace. Oppure pianta grane e sarò costretto a frustarti. Questo ti deprezzerà ulteriormente e potesti finire veramente male. Non è mai conveniente essere acquistati a buon mercato. -

Romogok sta in piedi, senza catene, in una stanza buia, con l'unico faro puntato addosso.

Non presta attenzione alle parole del battitore. È un'asta come un'altra, noiosa, se non sei interessato alla merce.

È solo, al freddo, stordito e accecato dalla luce. *Drogato* pensa, confusamente.

Viene guidato giù dal palco improvvisato. Lungo un breve corridoio e in una stanza.

- Saluta il tuo nuovo padrone. -

Romogok distingue a fatica una figura umanoide. La pelle nero-bluastra.

- Vedrai, Gramos ti piacerà. Per quel poco che la vedrai -

 

L'oceano. Più in basso.

Quaggiù la vita è un'altra cosa. Luce, calore sono sconosciuti, la pressione è in grado di distruggere quasi tutto quello che l'uomo può costruire e sicuramente nessun uomo è in grado di sopravvivere a questa profondità.

Eppure sei figure umanoidi sfrecciano tra le acque buie come se fossero nel loro ambiente naturale.

Namora vi si trova effettivamente, Modred ha modificato i suoi sensi con un incantesimo, piuttosto elementare a dir la verità, e Warlock usa sensi che gli umani non hanno parole per descrivere. Darkoth è composto di nanomacchine, quindi può adattarsi virtualmente ad ogni ambiente. Le altre due usano la tecnologia. Piccole lenti che riportano tutto lo spettro al visibile.

Ma questo non è l'ambiente naturale di nessuno di loro, nemmeno per Namora È una città, un mausoleo, qualcosa che è difficile anche da descrivere. L'intera montagna marina è costellata da ingressi di caverne, ma ogni ingresso è finemente scolpito in figure astratte e rappresentazioni di creature che sono assieme uomo ed animale. Ed in mezzo a loro figure colossali. Il più grande è un gigante in perizoma e testa di leone.

Tutto è libero e pulito in maniera assolutamente innaturale.

Ma non è stata scolpita, si è formata. Ed è, fuori da ogni dubbio, nuova.

Da un ingresso più grande del Word Trade Center esce una schiera di creature fantastiche, misto di uomo e creatura marina, un susseguirsi di teste che sembrano polipi, code di pesce, piedi palmati, arti chelati, pinne, zanne, tentacoli. La lista sarebbe lunga e la descrizione minuziosa di ogni creatura prenderebbe pagine e pagine. Apparentemente nessuna si ripete, è la creazione di un artista o una specie da far invidia a devianti o inumani. Eppure c'è la sottile sensazione che vi sia la stessa mano, dietro ognuno di loro. Un quid dello stile, anche se è orribile parlare così di creature viventi.

Ma la debole sonda mentale di Dragoluna rivela una verità ancora più orribile.

*Sono completamente vuoti, attività mentale quasi assente, nessuna memoria se non quella degli atti basilari, molto meno del più elementare degli animali. Sono semplici automi di carne e sangue. La loro stessa programmazione è essenziale, non contengono che la presente azione. Sono qui per invitarci ad entrare, a farci da accompagnatori. Sfileremo tra due ali fino alla nostra destinazione.*

- Un modo narcisista per indicarci la strada, insomma. - La sovrana di Atlantide inarca un sopracciglio.

- Detto da chi urla al mondo un frase sbagliata in latino. -

- Gamora, per favore. Siamo ospiti qui. Narcisismo o meno, la creatura o le creature che hanno fatto tutto questo in pochissimo tempo dimostrano un potere di tutto rispetto. Siate estremamente prudenti. - Warlock apre la via al piccolo drappello, attraverso la porta principale.

Gli altri lo seguono cercando di non farsi intimorire dalle ciclopiche dimensioni del luogo.

L'ingresso è minuziosamente scolpito anche all'interno. Intere scene, spesso vagamente familiari, una narrazione per immagini.

Cambia il punto di vista, ma molte delle scene sembrano episodi biblici.

Le due ali di aniuomini intonano un canto, strano e dissonante, non pensato per gole umane. Le parole in una lingua che nessuno su questa terra ha mai sentito (anche se molti scommetterebbero sul contrario) sono incredibilmente intellegibili:

- Fortunato chi è ammesso alla presenza di Astaloth, figlio ed emissario di Oraios e Ricchezza, che a lungo ha qui dormito. Non è morto e non può morire, esso è persistente e questa è la sua parola, il suo insegnamento.

Uno solo è Jaldaboth, il dio senza nome, fattore di tutte le cose. Nessuno è suo superiore. Nulla è fuori di lui. Nulla era prima di lui. Egli è il tutto pensante e tu non avrai altro dio. Non nominerai il suo nome segreto, quello con cui lo onori dentro di te.

Non conoscerai la sua vera immagine né la rappresenterai.

Non ti prostrerai davanti ad altri che colui che ti ha fatto così da non attirare la sua ira.

Perché lui è e solo lui è. Se adorerai colui che è esso ti farà grande. Se adorerai coloro che non sono la sua vendetta sarà tremenda.

Onorerai tutti i suoi precetti.

Onorerai la tua ascendenza, che è ciò che ti ha dato il dio supremo.

Non uccidere i servi del signore unico, non commettere adulterio, non rubare, non pronunciare falsa testimonianza, non desiderare le proprietà altrui, poiché così facendo violi la volontà dell'unico. -

*Siamo nei guai. Jaldaboth è l'arconte del mondo materiale per le dottrine gnostiche, molti lo identificano col dio dell'Eden o col signore del Vecchio Testamento. Questo figlio dell'Arconte Oraios è distante da lui di due sole generazioni. Anche fosse un ministro o un decano sarebbe comunque un essere di potere divino.

Potrebbe essere al limite delle nostre possibilità. È necessario essere prudenti.* li avverte Warlock.

Il piccolo gruppo entra in un'enorme sala luminosa. La luce viene generata direttamente dalle pareti.

In fondo alla sala, in piedi, colossale c'è una creatura asessuata. Bello e luminoso, i lunghi capelli che si muovono incessantemente nell'acqua, ma lui è eretto, immobile nei suoi quasi tre metri d'altezza come se la spinta dell'acqua non lo riguardasse.

Alla sua destra, poco più basso, un minotauro massiccio diviene un colossale cavalluccio marino, una fanciulla esile e continua a cambiare forma ogni pochi istanti.

Il mutaforma, un vero proteo, annuncia con voce stentorea, abbastanza potente da far tremare la montagna che li contiene:

- Benvenuti alla luminosa presenza di Astaloth, figlio del figlio dell'unico, glorificato sia l'unico ogni giorno. Egli è il ministro di suo padre, cui l'arconte diede il controllo dei fondali. Adoratelo e adorate l'unico. -

 

Seguimos en combate

 

 

 

 



[i]     so che fin qui è stato scritto in maniera diversa, ma consultando il marvel database ho notato che era scritto in questo modo, ed uno standard va usato.

[ii]    Namor 1-7 di Mr. T

[iii]   Direte voi “ma con tutta la gente pronta a vendersi per un nonnulla sei sicuro che la schiavitù non sia una condizione ambita?”. La risposta è semplice, avete mai provato a dire anche al più servile degli uomini (e ce ne sono) che è uno schiavo? Come minimo si offende.